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KIERKEGAARD SPIEGATO DA SERGIO GIOVANE

Il pensiero di Kierkegaard ci mette di fronte alla necessità di scegliere, di riconoscere la nostra libertà. Ci mette dunque di fronte ad un out out, titolo di un suo libro.
La filosofia di Kierkegaard è una filosofia paradossale.
Egli pensa alla vita come un'infinita serie di possibilità, le quali hanno una propria giustificazione.
Ha firmato i suoi libri con degli pseudonimi: nomi di persone. Questi nomi sono delle reali possibilità di vita, di personaggi viventi a pieno titolo.

FILOSOFIA DI KIERKEGAARD --> fare i conti con i personaggi che vengono a trovarlo, che dialogano con lui, che gli si impongono a danno luogo a questa costruzione paradossale.

''Se il mio Dio mi ordina di uccidere mio figlio io dico di sì'', non per ragione, ma per fede.

Nell'esteta, dov'è la verità?
La verità non è in questo o in quello, ma è quella cosa, alla luce della quale questo gioco/contrasto produce un continuo movimento del pensiero e ci invita a pensare, a ragionare sulle infinite possibilità che la vita presenta.

Kierkegaard pensava scrivendo, perché gli veniva più semplice dare forma ai personaggi che venivano a visitarlo e nei quali non si riconosceva, piuttosto è giusto dire che nell'esteta, nel cavaliere della fede, nell'uomo etico, nell'uomo religioso lui riconosceva una reale possibilità di vita.
Egli non voleva spiegare alla gente cos'è il bene e cos'è il male, cos'è giusto e cosa sbagliato, cosa bisogna e non bisogna fare, e noi dovremo fare lo stesso.

''Non posso non scrivere; alla scrittura non mi posso proprio sottrarre. Nessuno mi impone di scrivere, ma lo faccio perché voglio io, perché ad essa sono legato. Scrivere per me è un'ossessione, una dannazione. Io scrivo per sentirmi vivo, per trovare posto nel mondo, per capire chi sono, ma più scrivo e più mi smarrisco, affondo, mi perdo, e con me, il mondo.''

Kierkegaard è un filosofo la cui filosofia è basata su ''fare delle domande''.
Egli sostiene che tutti i matrimoni prima o poi falliranno. Nel matrimonio l'uomo sperimenta l'eterno nel tempo: solo uno stupido può essere cieco di fronte a tale miracolo. Essa è una possibilità autentica e vera, ma allo stesso tempo impossibile.
Il matrimonio è per tutti, però ci vuole una tempra morale per affrontarlo. Esso esige un ''sì'' detto un giorno e che venga ripetuto giorno dopo giorno: esige fedeltà. Kierkegaard sostiene che noi non siamo fatti per la fedeltà, quindi dobbiamo fare i conti con l'etica, ma purtroppo non siamo attrezzati per l'etica.
E' la forza dello spirito che ci fa paura, che ci fa credere di restare ben saldi sul fondamento della nostra moralità e cioè nella presunzione di salvarci da soli con la fedeltà e il matrimonio.
L'uomo di fede per Kierkegaard è quello che prova a forzare l'impossibilità fino a trasformarla nella sola possibilità che ci è data.

''Solo l'amore eterno esiste. Quando si ama, si ama senza condizioni. Si ama assolutamente, ciò significa che l'amore è rapporto di assoluto con assoluto senza mediazioni, senza se né ma. Un amore che finisce probabilmente non è mai cominciato.''
Questo è l'amore che lui ha offerto a Regina. Per dimostrarglielo ha rinunciato a tutto.
Regina scappa e trova consolazione in Schlegel. A Kierkegaard la sua presenza non disturba poiché convinto del fatto che né lui né la donna potessero essere turbati per via del loro amore eterno.
Lui e Regina si sono incontrati svariate volte, ma non sempre lei ha contraccambiato il saluto. Non ci sarà un chiarimento tra i due.

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